Diversity management: tra valore aggiunto e difficoltà

La discussione sul diversity management è ormai di lunga data, all’interno del panorama aziendale. Gli studi dimostrano da anni che il diversity management è utile sul lungo periodo per rafforzare il legame con il contesto sociale di riferimento, trovare nuovi sbocchi commerciali e creare un ambiente lavorativo in cui tutti possono sentirsi partecipi e motivati. E portano vantaggi economici e di produttività alle aziende.

La discussione delle pratiche e policy per includere la diversità all’interno dell’ambiente di lavoro, e valorizzarla per le specificità che essa rappresenta, si è fatta oggi ancora più calda con l’ingresso in azienda della cosiddetta generazione Z. Secondo una ricerca del World Economic Forum, infatti, il 47% dei lavoratori tra i 18 e i 24 anni afferma che, se dovesse cambiare lavoro, l’inclusività e la diversità inciderebbero particolarmente nella ricerca di una nuova posizione.

E tuttavia, se le soluzioni sono tante, e in molti casi ben rodate, ancora se ne parla. Questo perché la gestione della diversità è diversa dall’inclusione della diversità.

Diversity management: una questione annosa

Le prime riflessioni sul diversity management risalgono negli Stati uniti alle leggi sull’Equal Employement Opportunity, che definiscono illegali le discriminazioni sui luoghi di lavoro. La spinta, a quell’epoca, veniva dalle donne e dai disabili, e il nuovo modello delle pari opportunità imponeva che a donne, uomini, abili e diversamente abili fossero forniti gli stessi strumenti e le stesse possibilità.

È evidente, però, come questa non sia gestione della diversità. Da un lato, gli stessi strumenti e le stesse politiche non possono andare bene per aiutare le “minoranze” ad emergere, con i loro problemi specifici e le loro istanze personali. Dall’altro, non aiuta a valorizzare le diverse esperienze e i punti di vista individuali, che possono invece rappresentare un valore aggiunto, e in alcuni un punto di differenziazione di un’azienda in un panorama concorrenziale particolarmente intenso. Apertura a particolari nicchie di mercato, la scoperta di nuove preferenze ancora da presidiare, le tattiche comunicative migliori da adottare, sono tutte strategie più facili da gestire, se si favorisce un ambiente aziendale inclusivo.

Agli inizi dell’inclusione delle minoranze, invece, le differenze tendevano ad essere appiattite sulla cultura aziendale dominante. L’obiettivo delle imprese, nell’assumere le minoranze, era più quello di adeguarsi alla normativa, per non subire una pubblicità negativa e non incorrere nelle sanzioni. L’ambiente aziendale, pertanto, si rivelava paradossalmente ancor più penalizzante, perché non dava alle minoranze né modo né il desiderio di emergere.

Una nuova visione della gestione delle risorse umane compare negli Stati Uniti solo nel 1987. È a partire da questo momento che inizia a diffondersi l’idea di un approccio strategico alla diversità, con l’obiettivo di creare un ambiente inclusivo che faciliti l’espressione delle potenzialità individuali, e le trasformi in uno strumento essenziale al raggiungimento degli obiettivi organizzativi.

Diversity management oggi: il valore aggiunto

Oggi, quindi, prevale questo secondo approccio all’inclusione delle diversità in azienda. I dati del World Economic Forum dimostrano che le compagnie con una minore diversità interna registrano un tasso di innovazione solo del 26%, contro il 45% delle aziende migliori dal punto di vista dell’inclusione.

Non solo, per ragioni storiche, una delle diversità maggiormente discusse è quella femminile, che ha da tempo dimostrato i propri vantaggi. Dalle ricerche, infatti, emerge come, negli ambienti dove la presenza femminile è rilevante, le donne risultano per il 34% dei rispondenti più capaci di scendere a compromessi, e potenzialmente più oneste ed etiche. Risultano inoltre più eque nel riconoscere paghe e benefici (per il 30%), e sarebbero più pronte a sostenere i propri ideali e a condividerli da buone mentori (il 25%).

Un report di mcKinsey&Company, inoltre, ha dimostrato come tutto questo si traduca in una maggior competitività dei team, e nella capacità di registrare profitti oltre la media (per il 21%). Le donne avrebbero infatti il 27% di probabilità in più di portare valore aggiunto a lungo termine, motivo per cui la riduzione del tanto discusso gap salariale entro il 2025 si stima porterebbe un aumento del 26% al valore dell’economia globale, aggiungendo circa 28 trilioni al valore attuale.

La difficoltà, dunque, per le aziende, è attuare delle reali politiche in grado di valorizzare la diversità in azienda. Se quindi ci sono ancora degli scetticismi, davanti alla dimostrazione di questi benefici aggiunti, il motivo è da ricercarsi nella difficoltà aziendale di cambiare. Pratiche ormai lungamente consolidate, routine aziendali, opposizioni e timori connaturati nei collaboratori di fronte al cambiamento, tutti questi fattori si oppongono ad un reale cambiamento della mentalità aziendale.

Per questo motivo, l’aiuto di un coach aziendale è fondamentale per guidare le imprese a definire i propri obiettivi, individuare le strategie e i processi migliori per arrivare al cambiamento. Il processo è lungo e complicato, e per assicurarne il successo l’impegno deve essere costante, e coinvolgere tutte le persone su cui questo avrà un impatto.

Per questo motivo, l’esperienza, e la guida esterna e obiettiva di agenzie di coaching come Cassiopea, con la sua esperienza quasi trentennale, si rivelano un valido alleato e un punto di forza, per dare una svolta alla vita aziendale. A partire dalla comunicazione: Tiziana Recchia, la dirigente di Cassiopea, definisce insieme alle aziende dei percorsi di coaching che coinvolgano il personale a più livelli, dai manager fino agli ultimi assunti, per creare gruppi di lavoro in cui l’ascolto reciproco e la comunicazione delle differenze diventino il fulcro di un team coeso e motivato.

Non senza divergenze: la diversità di intenti e visioni naturalmente solleva screzi e piccoli momenti di crisi. La consulenza di Cassiopea giunge in aiuto anche in questi piccoli momenti, insegnando ai manager e ai direttori come trasformarsi in veri leader, capaci di guidare e motivare i loro gruppi, appianando le divergenze per trovare, in ogni screzio, i vantaggi e i punti di vista comuni.

Per scoprire quindi la consulenza più adatta alle tue necessità aziendali, e capire in che modo Cassiopea può aiutarti a supportare il cambiamento in azienda e la formazione dei tuoi collaboratori, scrivi a tiziana@cassiopeaweb.com o chiama il 347 1513537.

 

Tiziana Recchia
Fondatrice, titolare e amministratrice di Cassiopea. Da quasi 30 anni è business e life coach, si occupa di formazione e supporta le aziende nei momenti di cambiamento. Collabora con la redazione de “La Cronaca” per portare il suo punto di vista esperto nel mondo del business.

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