Benessere dei dipendenti, il mondo del lavoro può ripartire da qui

Il welfare aziendale come strumento per valorizzare e motivare le risorse umane

Negli Stati Uniti lo chiamano “Big Quit”, grandi dimissioni: negli ultimi mesi anche in Italia stiamo assistendo a un incremento dei licenziamenti volontari, molti di più di quelli che consideriamo fisiologici (ce lo confermano i primi dati riferiti al secondo semestre 2021 pubblicati dal ministero del Lavoro, che registrano un +10% rispetto al 2019). 

Le ragioni sono da ricercare nell’effetto della pandemia sui lavoratori: per alcuni le modalità con cui è stato applicato lo smart working hanno portato a una condizione di burnout; per altri, invece, il contesto ha favorito una riflessione profonda sulle proprie priorità, sul ruolo che aveva e che dovrebbe avere il lavoro nella propria vita. 

È ancora presto per trarre conclusioni su questo fenomeno, che tuttavia rende urgenti alcune riflessioni sulla crescente importanza del benessere dei lavoratori nel bilancio complessivo dello stato di salute di un’azienda. Cosa ci stanno dicendo le grandi dimissioni? Che limitarsi a giudicare la produttività a fine anno non è più possibile: oggi il successo di un business dipende prima di tutto dalla gestione e dalla valorizzazione del capitale umano. 

Nelle mie sessioni di coaching mi concentro spesso sull’importanza della motivazione, del senso di appartenenza, e in questo momento storico è prioritario riflettere sui fattori determinanti per il benessere dei lavoratori. Un’importante leva in questo senso è rappresentata dal welfare aziendale: un pacchetto di benefit che l’azienda offre ai dipendenti, che spesso si estendono anche alle loro famiglie. 

Uno degli ambiti più apprezzati è quello dei servizi per la salute, con possibilità di visite e prestazioni gratuite grazie a collaborazioni con fondi e assicurazioni sanitarie. Oltre a questo sono scelti frequentemente anche i servizi a sostegno della famiglia: campi estivi per i figli, rimborsi delle tasse scolastiche, delle spese sostenute per i libri di testo, o ancora bonus babysitter e asili nido aziendali, nei casi di imprese molto strutturate. Non dimentichiamo poi tutto il variegato mondo dello shopping: abbonamenti a riviste o servizi di streaming video/musicali, gift card dei più noti e-commerce, buoni spesa e buoni carburante sono benefit sempre graditi da chi li riceve.

Con tutte queste opzioni, il datore di lavoro può scegliere la modalità d’erogazione più adatta alla propria impresa, tenendo conto che in molti casi le spese sostenute per il welfare sono deducibili in misura variabile, in base alle iniziative scelte e al contratto collettivo del lavoro che regola l’attività aziendale. Si tratta, quindi, di un investimento a tutti gli effetti: a fronte di una spesa relativa da parte dell’impresa, il ritorno in termini di motivazione e senso di appartenenza dei dipendenti è tangibile. E, si sa, solo lavoratori felici e appagati possono garantire alle imprese una crescita costante e sana. 

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Tiziana Recchia

Fondatrice, titolare e amministratrice di Cassiopea. Da quasi 30 anni è business e life coach, si occupa di formazione e supporta le aziende nei momenti di cambiamento. Collabora con la redazione de “La Cronaca” per portare il suo punto di vista esperto nel mondo del business.

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