Convivenza generazionale, relazioni e formazione: la ricetta vincente di Davide Zorzi

Davide Zorzi è entrato nell’azienda di famiglia, il Panificio Zorzi, a 19 anni, fresco di diploma al liceo Classico. E nonostante in quello stabilimento incastonato tra le montagne di Brentino Belluno ci bazzicasse fin da ragazzino, “l’impatto fu decisamente tosto”, ricorda. Eppure grazie a lui l’impresa, che nel 2020 compirà sessant’anni, ha avviato pochi anni fa un cambiamento di rotta che l’ha portata ad abbracciare nuove nicchie e nuovi mercati esteri. I risultati ci sono, e sono l’effetto di quella che Zorzi definisce “convivenza generazionale” e di quanto appreso sul campo ma anche fuori, all’interno del Gruppo Giovani di Confindustria Verona, di cui l’imprenditore è stato presidente fino al mese scorso.

Cos’è questa “convivenza generazionale”?
Sono entrato in azienda giovanissimo e, per esigenze familiari, mi è stato dato fin dall’inizio un ruolo operativo. Non è stato facile. Avevo un diploma in tasca e la mia testa fino a quel momento era indirizzata verso l’università: mi ero appeno iscritto a Economia a Trento. Il supporto di mio padre, che negli anni Novanta trasformò il panificio in un’azienda di panificati, si è rivelato fondamentale: ha sempre lasciato molto spazio al mio spirito di iniziativa, dando ascolto alle mie idee, mostrando una importante apertura.

Come quando lei ha spinto perché l’azienda sperimentasse nuove nicchie di mercato…
Nel 2015 il Panificio Zorzi ha vissuto un importante cambiamento: oltre alla realizzazione dei prodotti tradizionali da forno, come il nostro grissino, abbiamo iniziato a dedicarci anche alla nutrizione sportiva, medica e al baby food. L’intuizione è nata, come avviene spesso, da una riflessione: analizzando ciò che proponeva l’alimentazione per gli sportivi, abbiamo visto che non c’era alcuna offerta salata. Grazie alla collaborazione con le aziende leader nella nutrizione sportiva e medica, abbiamo iniziato a creare prodotti da forno con aggiunta di proteine vegetali, quindi più bilanciati. È stato un percorso fortunato, perché avviato nel periodo in cui è iniziata la domanda del “superfood”. In questo modo ci siamo inseriti, a livello internazionale, in una nicchia in costante crescita. Il passo successivo è stato lo studio e la produzione di baby food, prodotti salati destinati ai bambini.

Ora quel è l’obiettivo?
Diventare il punto di riferimento nel comparto dei sostitutivi del pane a 360 gradi, producendo per terzi. Con i prodotti alternativi stiamo andando forte all’estero, in Spagna, Francia, Germania, Regno Unito, mentre il nostro marchio, che non è mai cambiato nei decenni, è riconosciuto in Italia per i prodotti tradizionali da forno.

Questa evoluzione ha comportato anche una trasformazione interna. Come è stata gestita?
È stato necessario un adattamento delle linee, affinché fossero idonee alla realizzazione di questi prodotti la cui composizione è completamente differente rispetto ai tradizionali. Abbiamo inserito figure che ci garantissero il totale controllo della compliance, cioè la conformità a determinate norme, certificazioni internazionali, standard. Resta tuttavia la difficoltà di trovare personale da assumere, ed è un problema che vediamo essere presente in tante aziende, anche del nostro settore e della nostra zona: fatichiamo a trovare addetti alle linee di produzione e la sensazione è che non ci sia tutta questa “fame” di lavoro di cui si parla.

Anche il suo ruolo in azienda è cambiato: oggi è consigliere delegato al commerciale estero e industria, ricerca e sviluppo. È stato accompagnato in questo percorso?
Ho conosciuto Tiziana Recchia dieci anni fa, ho bussato alla porta di Cassiopea più per curiosità che per reale bisogno. Ma subito mi sono reso conto che non avrei più potuto farne a meno. Ho iniziato così un percorso che dura ancora oggi e che continua a rivelarsi fondamentale. Dalla gestione del tempo alla percezione di me stesso verso gli altri, dall’autostima alla capacità di relazionarmi in diverse situazioni: sono riuscito a superare di volta in volta delle criticità che mi hanno aiutato in azienda ma anche all’interno di Confindustria Verona, dove ero entrato appena 19enne.

Proprio il mese scorso ha terminato il suo mandato alla guida del Gruppo Giovani di Confindustria Verona. In questi due anni una delle priorità è stato il rapporto tra mondo del lavoro e quello delle imprese.
Il momento storico lo richiedeva. Le aziende avevano e hanno tutt’ora necessità di figure specializzate da inserire. Inoltre, proprio nel periodo in cui ero stato nominato, il governo aveva avviato i percorsi di alternanza scuola-lavoro. Il compito del Gruppo Giovani, che tra le deleghe ha anche l’orientamento, è stato quello di fare formazione, aiutando le imprese a farsi conoscere sul territorio, permettendo la diffusione della cultura del lavoro in fabbrica, perché spesso i ragazzi, chiusi nelle aule scolastiche, hanno un’idea troppo vaga, se non sbagliata, di quello che avviene dentro le aziende.

L’altra mission del suo mandato è stata quella della formazione tra gli associati del Gruppo. A quali priorità ha cercato di dare risposta?
Chi è alla prima generazione ha necessità di una visione completa per capire come far funzionare la propria azienda e rendere ordinata la crescita. Chi invece è alla seconda o terza generazione, non sa come è stato l’inizio, la nascita dei brevetti, il rinnovo delle linee di produzione, lo sviluppo. In entrambi i casi ci sono delle visioni parziali che abbiamo cercato di colmare attraverso iniziative che permettessero di conoscere il ciclo di vita di una impresa. Abbiamo incontrato docenti e manager per approfondire a livello teorico determinati temi, andando poi sul concreto attraverso cene con imprenditori e visite in aziende. Il Gruppo Giovani è una vera palestra, sviluppa la capacità di relazione tra imprenditori che condividono gli stessi problemi.

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