Giulio Pedrollo (Linz Electric) incontra Cassiopea

Alla vigilia della rivoluzione, ritroviamo il coraggio di una visione del futuro.
Industria 4.0: non solo innovazione ma l’occasione per ripartire e recuperare il tempo perso investendo in formazione, ricerca, stimoli nuovi. Serve a trasformare la paura di cambiare in un’opportunità: quella di “guarire” un’Italia malata e avviarla a una crescita sostenibile.

Lei ha diviso finora tutte le sue energie di imprenditore tra l’azienda e il territorio, ma da un anno il suo impegno principale è sulla scena della politica economica nazionale. 
“La nomina a vicepresidente nazionale di Confindustria è una di quelle sfide alle quali non puoi sottrarti, perché ti permette veramente di incidere sulle scelte importanti, di fare la differenza, e ti richiede di mettere “al lavoro” i principi e la visione che sostieni da sempre. Il fatto è che più cresce la posta in gioco, in questo caso le politiche industriali del Paese, e più occorre muoversi con delicatezza, mediare tra i vari interessi, cercare gli equilibri. Una grande fatica ma anche un grandissimo obiettivo: portare le imprese italiane nel futuro”.
Intanto “a casa” c’è Linz Electric, la sua azienda. Dove continua a imparare qualcosa.
“Certo, perché ogni esperienza imprenditoriale va messa alla prova dei fatti. Devi misurarti con la realtà, rispondi a te stesso sul fatto di essere capace o no di raggiungere l’obiettivo. In effetti il tuo valore lo misurano non soltanto i risultati, ma la capacità di affrontare e di valicare gli ostacoli. Nella mia vita di imprenditore il problema più serio è stato superare il momento di crisi del 2009. Ma non sottovaluto nemmeno l’intensità dello sforzo di essere presenti con prodotti e servizi di qualità in tutto il mondo, o di affrontare caratteri diversi, esigenze che si sommano, competitor che le provano tutte per metterti in difficoltà…”

Quali sono le doti di cui un imprenditore non può fare a meno, oggi come ieri?
“Prestare grande attenzione al mercato, essere sempre presenti, coltivare la resilienza, la flessibilità e l’adattamento. Un’azienda è come un aeroplano: una volta che sei decollato non puoi spegnere i motori, la spinta dev’essere costante, non devi cambiare rotta a ogni momento se non per affrontare le tempeste. Aver chiara la direzione fa la differenza tra un’impresa di successo e una che sopravvive. Devi imparare anche l’elasticità, ma non nel senso di dire una cosa e farne un’altra: tu devi comunque stabilire le regole, però poi chi decide è il mercato. A te resta prendere spunto dalle circostanze, accettare le lezioni che ti vengono impartite, ma anche difendere i tuoi obiettivi e convincere i collaboratori. Dare ordini? No, funziona solo a breve termine, mentre l’importante è vincere alla lunga”.

Quanto vale poter contare su una squadra che condivida un sogno e un traguardo?
“Chi sta in azienda deve essere d’accordo con le scelte di fondo, deve sentirsi coinvolto e fare propria la tua visione. La vera sfida è trasformare i dipendenti in imprenditori. A me piace pensare che chi viene qui pensi a Linz Electric come alla propria azienda, e in fondo un po’ lo è davvero. Se li hai convinti con il tuo progetto, l’impronta rimane: e tutti hanno l’opportunità di raggiungere gli obiettivi aziendali e insieme individuali. Da un anno siamo sbarcati negli Stati Uniti, a Chicago, consapevoli del fatto che di là dall’Atlantico c’è spazio per i nostri prodotti. La nostra è ancora una piccola presenza, ma significativa. Crediamo che il Made in Italy possa sfondare anche oltre i settori della moda e del food”.

Dopo la parentesi della crisi del 2009 la sua azienda ha dimostrato di saper crescere oltre le previsioni: è soddisfatto di come sta andando?
“Soddisfatto non lo sono e probabilmente non lo sarò ma, come tutti gli imprenditori che conosco: non è possibile! Scherzi a parte, Linz Electric ha confermato di poter contare su persone, prodotti, caratteristiche e competenze tali da poter portare a casa risultati ben più alti di quelli raggiunti in questi anni. Sono convinto che grazie all’impegno di tutti non ci fermeremo qui e tra qualche anno vedremo realizzati tanti dei nostri sogni di adesso. Si dice sempre che l’azienda per un imprenditore è un po’ come una figlia: beh, Linz Electric sta crescendo proprio bene. Certo, da qui a essere soddisfatto, a sostenere che sono l’imprenditore che volevo essere… lo vedremo a fine carriera, tra qualche decennio!”

Oltre a guidare Linz Electric è anche amministratore delegato del gruppo Pedrollo, come sua sorella Alessandra. Qual è la sua visione per questa grande azienda?
“Guardando a un gruppo come questo non si può non capire che è condannato a crescere. Nel settore delle elettropompe ci sono multinazionali enormi, al cui confronto noi siamo piccoli, quasi dei nani. È vero, siamo in ottima salute, sostenibili, innovativi e con tutte le potenzialità per una crescita duratura: ma occorre fare un salto di qualità, restare attivi e vigili, continuare a essere la start-up di noi stessi. Seguendo l’insegnamento di mio padre, che sottolinea l’importanza di fare un passo per volta, calibrato, senza esagerare, prevedo una stagione di sviluppo grazie alle tecnologie e alla presenza commerciale nel mondo”.

Quindi un’azienda ben radicata nel territorio ma molto presente sulla scena globale.
“Sì, immagino una crescita dimensionale innanzitutto per linee interne, però non escludo anche acquisizioni mirate: la nostra vocazione è guardare sia all’Italia che all’estero, e in effetti siamo già una vera e propria multinazionale. Se poi vogliamo guardare ancora più al futuro e giocare con la sfera di cristallo, immagino un’azienda che nel tempo confermerà soprattutto la propria sostenibilità. Certo, speriamo che in famiglia i figli siano interessati, altrimenti si troveranno altre soluzioni… l’importante è garantite la continuità dell’azienda e del lavoro. Comunque abbiamo davvero voglia di valorizzare le energie di tutto il gruppo: pensiamo che da prima della crisi la Pedrollo è cresciuta di quasi il 50 per cento”.
Come vicepresidente di Confindustria lo sviluppo è esattamente il suo terreno di gioco.
“Non c’è dubbio che il concetto di fabbrica intelligente, emerso con forza nel corso del dibattito su Industria 4.0, possa favorire la ripresa della manifattura italiana per rilanciarla nel mondo. Bisogna restituire produttività alle fabbriche facendole lavorare di più in rete, creando connessioni con la formazione, tutelando i nostri prodotti dalla contraffazione, combattendo la corruzione e ridando velocità al Paese. La rivoluzione – e questa lo sarà – la si cavalca o la si subisce: per noi lo scoglio principale sarà far ritornare la voglia di investire nel futuro e recuperare il 22 per cento di produzione persa”.

Industria 4.0 però non dipenderà solo dall’innovazione, ma anche dalla ricerca.
“Sì, è vero: è una rivoluzione culturale, perché a doversi mettere insieme saranno soggetti che in Italia non si incontrano e non parlano, come imprese e università. Inoltre andranno sviluppati i Digital Innovation Hub per aprire alle imprese le porte del mondo digitale, con servizi, consulenze tecniche e sui finanziamenti. Grazie alle associazioni imprenditoriali del territorio si potrà dare agli imprenditori una risposta concreta, e trasformare la paura di cambiare in un’opportunità. Per questo l’investimento più importante sarà sulle risorse umane e sulla formazione. Senza un’idea di futuro la tecnologia 4.0 non basterà”.

La rivoluzione industriale sta – speriamo – per cominciare: ma le imprese sono pronte?
“Da quanto ho visto girando per l’Italia con Confindustria le aziende hanno una gran voglia di mettersi in gioco. Certo, qualcuno è ancora indietro, ma proprio per mettere quante più imprese possibile in condizioni di fare il grande salto abbiamo moltiplicato l’impegno verso l’informazione, in modo che ogni impresa possa acquisire la consapevolezza del proprio stato di salute innovativa. Torno al concetto di prima: il coraggio viene dalla visione e può rimetterci in movimento anche se i macchinari, va detto, non sono mai stati così obsoleti. Possiamo agganciare la crescita, ma occorre uno scatto d’orgoglio degli imprenditori e una politica di investimenti mirati. Il mondo richiede velocità, competitività e flessibilità. Se Industria 4.0 offrirà questa chance alle imprese, il malato Italia potrà riprendersi”.

Stefano Tenedini

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