Came, di padre in figlio: quando il passaggio generazione significa crescita

“Sono sempre stato convinto che un percorso così delicato come quello del passaggio generazionale, vada fatto nei tempi giusti, quando l’imprenditore, il padre, sta ancora bene e può affiancare i figli. Questo significa pensare al bene dell’azienda, che trae vantaggi dal mix di esperienza e di idee giovani e fresche”.

Lino Chilese la sua azienda, la Came di San Pietro Mussolino, l’ha fondata nel 1977. In fabbrica aveva iniziato ad andarci a 12 anni, crescendo e facendosi le ossa fino ai 27 in un’impresa metalmeccanica del Vicentino. Poi la decisione di creare qualcosa di suo, “perché l’indole da imprenditore credo di averla nel sangue, deve avermela passata mia mamma, col suo modo di affrontare la vita, di relazionarsi con le persone”. Prima gli avvolgimenti per i motori elettrici, poi la produzione di altri componenti per diversificare l’attività aziendale e garantire ai clienti un servizio a 360 gradi.

“Eravamo partiti in tre, io e i miei due soci che però, nel 1999, sono usciti dall’azienda. Dovevo decidere se proseguire e, nonostante i debiti, nonostante le notti insonni, non ho avuto dubbi: volevo continuare lungo quella strada”.

 

Lino chiede al figlio maggiore, Cristian, di entrare in fabbrica per aiutarlo. “Dopo il diploma, avevo iniziato a lavorare negli uffici tecnici di altre aziende – racconta Cristian – e mi trovavo molto bene. Ma quando mio padre, usciti i due soci, mi ha fatto quella proposta, ho accettato subito”. Una gavetta iniziata dal basso, “perché doveva toccare con mano, doveva saper fare tutto”, sottolinea il presidente.

Cristian parte con la produzione, “un ambiente che già conoscevo perché da ragazzini, durante le vacanze scolastiche, io e mio fratello venivamo in azienda a dare una mano”. Poi il passaggio all’ufficio tecnico, viste le competenze consolidate negli anni precedenti. “Ho così seguito tutto il processo di informatizzazione dell’azienda, che era stato avviato proprio in quel periodo, e il successivo percorso di certificazione – prosegue Cristian – mentre mio papà mi coinvolgeva anche nell’attività commerciale: così, col tempo, ho iniziato a dedicarmi anche al rapporto con i clienti”.

 

In quegli anni anche Matteo, il secondogenito di Lino, entra in azienda. “In realtà dopo il diploma avevo fatto un’altra scelta – racconta – e mi ero iscritto alla facoltà di Veterinaria: sognavo una clinica tutta mia e mio padre mi aveva sempre sostenuto, appoggiando questo mio desiderio al cento per cento. Dopo tre anni di studio ed esami però mi sono reso conto che quella non era la mia strada. Mi sono ritirato dall’università e sono entrato in azienda”. Anche per Matteo i primi anni sono in produzione. “Mi ero appassionato al lavoro e alla fabbrica e la scelta di restare arrivò naturalmente”. Poi il passaggio all’ufficio di programmazione della produzione, la gestione di un reparto e, nel frattempo, il coinvolgimento in tutti i processi che stavano trasformando l’azienda di Lino: dall’informatizzazione, alla certificazione, all’ingresso di un direttore generale, Stefano Rossato, che segna il passaggio di Came da impresa padronale a realtà manageriale.

“Ero entrato in azienda come responsabile informatico – ricorda Stefano – era il 1999, un anno significativo, per l’uscita dei soci e per il successivo processo di rinnovamento che era stato avviato da Lino. L’impresa cresceva, serviva più ordine e diedi un supporto nella riorganizzazione dei ruoli, collocando le persone negli uffici, ciascuno con una competenza specifica. La proprietà ma anche i dipendenti mi vedevano come una persona di riferimento così Lino decise di nominarmi direttore generale”.

 

 

Oggi Stefano affianca il presidente nella gestione dell’azienda, insieme a Cristian e Matteo che fanno parte del board: decidono le strategie, studiano i percorsi futuri dell’azienda. E i risultati li raccontano i numeri: in tre anni Came è raddoppiata, conta 300 dipendenti distribuiti nei cinque stabilimenti che presidiano la valle del Chiampo. “Merito anche del percorso che abbiamo intrapreso all’interno di Cassiopea, nel quale sono coinvolto io con i miei figli, ma anche il direttore generale e i responsabili d’area dell’azienda”, spiega Lino. Consapevole che Cristian e Matteo dovranno essere imprenditori diversi da quello che è stato lui: l’azienda è cambiata, non c’è più un solo titolare che gestisce tutte le aree.

C’è una responsabilità diffusa, distribuita tra vertici e manager e la necessità quindi di imparare a costruire relazioni in modo nuovo, differente.

 

“Una professionista esterna e di esperienza come Tiziana Recchia ci permette di gestire al meglio le dinamiche, spiegandoci nel concreto come comportarci, come rapportarci tra di noi. Se un imprenditore fa tutto da solo – aggiunge Lino – non va da nessuna parte. Io ho 69 anni, sto bene, posso delegare ma allo stesso tempo stare vicino a Cristian e Matteo, aiutarli, dare consigli. Se mi guardo indietro mi rendo conto di essere stato molto fortunato, anche per avere dei figli con grandi qualità e che sono qui per scelta”.

 

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