Giorgio Adami, di Adami Autotrasporti, incontra Cassiopea

Il futuro dei trasporti? Sempre più Europa e servizi ad alto valore aggiunto.

Le tensioni nella UE non fermano l’internazionalizzazione, e la crisi non fa paura al settore, a patto di soddisfare le esigenze dei clienti, di crescere e di non limitarsi a “spostare merci”. E con un istituto tra i migliori d’Italia Verona sta vincendo anche la sfida della formazione.
Giorgio Adami, veronese, due figli, presidente di Adami Autotrasporti. Entrato in azienda (fondata dal padre Franco) dopo il diploma di liceo scientifico, a 23 anni ha creato anche una propria azienda nell’area trasporti.  Consigliere delegato per infrastrutture e territorio in Confindustria Verona, da sempre impegnato per la categoria: presidente della sezione trasporti in Confindustria, fondatore e presidente di UPAV (Unione Provinciale Trasportatori Veronesi) anche con ruoli associativi nazionali. Consigliere di Confindustria Veneto e della Camera di Commercio. Nel 2012 ha realizzato il libro “Storie di uomini straordinari”, che racconta le vite dei fondatori delle aziende di trasporto veronesi. Nel 2011 ha fondato con scuole, università, istituzioni ed enti l’Istituto Tecnico Superiore di logistica, trasporto e mobilità sostenibile, che ha guidato per tre anni.
L’autotrasporto rischia di essere una delle vittime di un’economia stagnante. Voi invece siete in buona salute: quali sono i vostri punti di forza?
“In effetti il contesto economico, tra lunga crisi e le aspettative di ripresa sempre rinviate, non è dei migliori. Per il nostro sviluppo abbiamo seguito tre linee guida. La prima è senza dubbio l’internazionalizzazione: agli esordi eravamo un’azienda italiana che lavorava con l’estero, poi in Germania abbiamo fondato una società “tedesca” sotto ogni profilo, e oggi siamo presenti anche in Slovacchia. Il motivo è semplice: noi proponiamo un servizio che può dare il suo meglio se sta vicino al cliente, con la massima flessibilità e rapidità. Inoltre ci siamo posti l’obiettivo di presidiare il crescente flusso di traffico che va da Est a Ovest”.E quali sono gli altri elementi portanti per il rafforzamento dell’azienda?
“Intercettare in anticipo le esigenze dei clienti e proporre loro servizi su misura. Alcuni tra i nostri concorrenti hanno scelto di rimanere, per così dire, “al traino” dei committenti, con il risultato di trovarsi deboli e scoperti quando questi sono entrati in crisi. Ma conoscendo bene i bisogni, invece, si è in grado di offrire soluzioni nuove, con vantaggi reciproci dati dalle sinergie tra la qualità del servizio e il costo, salvaguardando il profitto. Noi seguiamo un modello “liquido”, che nel campo dell’autotrasporto non è più solo portare la merce dal punto A al punto B, ma cambiare in fretta e inserirsi con servizi ad alto valore aggiunto nella programmazione del cliente. Infatti il terzo punto è la qualità, anzi, l’eccellenza del servizio, con un imprenditore che sappia motivare la sua squadra”.

Tra le vostre specializzazioni c’è il trasporto dei liquidi alimentari: un settore particolare che richiede una grande cura nelle operazioni logistiche.
“Sicuramente movimentare questi liquidi così preziosi per l’industria e per il consumo ci dà la giusta spinta per migliorare ulteriormente le nostre competenze. Trasportiamo per tutta Europa un prodotto fresco con scadenze molto ravvicinate, che deve arrivare agli impianti senza ritardi e senza magazzini intermedi. A volte riceviamo richieste impegnative, come portare dall’Olanda all’Italia liquidi da imbottigliare… domani! Siamo come i pony express del vecchio West: la merce non si ferma mai, cambiano la motrice e l’autista, e i margini sono ristrettissimi anche in relazione al traffico e al meteo. Ma la buona organizzazione fa la differenza, e l’esperienza maturata ci consente ormai di svolgere in serenità questi incarichi di grande valore per i nostri clienti e il loro mercato”.

Rispetto agli anni “eroici” dell’autotrasporto quanto incide la tecnologia dei mezzi?
“Ci aiuta moltissimo, anche se da sola non potrebbe bastare. Mi spiego meglio: i camion naturalmente sono sempre camion, ma le innovazioni, soprattutto dove il web si integra col satellite, ci consente di monitorarli, valutarne la progressione, capire anche come vengono usati. Inoltre la tecnologia interviene anche nel processo produttivo che ci vede sempre più coinvolti. Prendiamo la pulizia e la sterilizzazione delle cisterne, che garantisce l’igiene del prodotto finale. In qualche caso il liquido alimentare passa direttamente dalla cisterna del camion al confezionamento e il cliente lo ritrova già pronto nel suo tetrapak al supermercato: per il segmento dell’autotrasporto è un’autentica rivoluzione”.

Parlando di cambiamenti, che scelte dovrebbero fare le imprese? Creare nuovi business, puntare a partnership o concentrazioni, trovarsi una nicchia, tagliare i costi?
“Lo sviluppo dimensionale è una via obbligata, sia crescendo in proprio che con alleanze o integrazioni. Purtroppo in Italia la volontà delle imprese si scontra con la politica e norme che penalizzano il mercato. Inoltre scontiamo le divisioni tra le associazioni di categoria, che non sanno parlare con una voce unica, e la presenza di molte piccole imprese, che può essere un vantaggio in più ma ci rende deboli verso i concorrenti stranieri. Noi, sia pure con quasi 200 mezzi, dobbiamo ancora crescere in dimensioni e diffusione dei traffici. Per ridurre l’incidenza dei viaggi a vuoto più intersezioni facciamo e meglio è. Infine oggi il trasporto non è legato solo ai camion: per essere innovativi e veloci usiamo treni, aerei, navi, investiamo sui container e sull’intermodalità e guardiamo alle rotte estere”.

Però oggi gli assetti stessi dell’Europa sono in discussione: eppure i camion sono abituati da sempre a superare i confini, in tutti i sensi.
“Infatti l’economia e i trasporti non si fermano alle frontiere. Guardiamo per esempio alla Brexit: gli inglesi importano sempre molto e quindi cambierà poco, forse meno traffico in uscita… Ma la natura del trasporto è unire città, persone e merci: è il “sangue” che nutre l’Europa. La politica ascolta solo il proprio elettorato, mentre le regole dell’economia sono altre e semmai sono i governi a doversi adattare ad esse. Forse avremo rallentamenti e ritardi, o qualche problema per le consegne, ma le merci non si fermeranno”.

Ha raccolto in un libro, che è intitolato “Storie di uomini straordinari”, le vite dei pionieri dell’autotrasporto veronese. Con quale motivazione?
“È un’iniziativa nata dal mio desiderio di recuperare la storia e le esperienze delle persone, di mettere nero su bianco le loro memorie, che in buona parte coincidono con le vicende dell’economia veronese, aggiungendo dei dettagli sugli esordi delle aziende, che altrimenti sarebbero andati persi con i cambi di generazioni delle famiglie. Piccole imprese nate con la forza dell’orgoglio e tanto coraggio, considerando il contesto che le circondava. A volte mi domando come sarebbe cominciare oggi: ma adesso a contare di più sono le scelte, la preparazione e la formazione, soprattutto rivolta ai giovani. Ora mi piacerebbe aggiungere un capitolo, mettendo a confronto nonni e nipoti e ponendo come traguardo il futuro”.

Parlando di formazione, quanto conta nel vostro settore un’istruzione mirata?
“Conta moltissimo, ed è per questo che nel 2011 ho contribuito a fondare il LAST, l’Istituto tecnico superiore di Logistica, Ambiente, Sostenibilità, Trasporto di Verona, nato sull’onda della riforma Gelmini, che permetteva di estendere l’offerta oltre la classica formazione professionale. Verona puntò sulla logistica e i trasporti: venne creata una fondazione cui partecipavano Confindustria, Camera di Commercio, Università, Provincia, il Consorzio Zai, Quadrante Servizi, scuole come il Giorgi, il Marconi e il Cfp San Zeno, insieme a numerose aziende. La partecipazione fu ampia e convinta fin dal primo momento. Partimmo da zero perché non c’era un modello: riunimmo le grandi aziende che avevano esigenze logistiche e, nel segno della concretezza, chiedemmo loro che figure e che competenze servissero”.

Come si sono sviluppati i corsi? Dove avete trovato i docenti migliori e più preparati?
“I primi a insegnare e a predisporre il programma di studi furono gli stessi manager delle imprese, un vero e proprio link tra scuola e mondo del lavoro. Oggi si insegnano logistica, economia, giurisprudenza, con docenti universitari e “prestati” dalle principali aziende. I corsi, biennali, prevedono mille ore l’anno di studio, di cui metà trascorse in aula e metà nelle aziende, con un progetto che misura la produttività dei giovani e li prepara anche sul piano pratico. Al termine lo studente diventa un tecnico superiore dei trasporti”.

Siete soddisfatti della formula scelta e della risposta degli studenti e delle aziende?
“Il bilancio dei primi corsi è estremamente positivo: il 95% del centinaio di ragazzi che si sono diplomati lavora a tempo pieno, anche in ruoli di responsabilità. Quindi la scuola ha saputo intercettare i bisogni delle aziende e preparare i ragazzi per un impiego qualificato in un settore che risente meno della crisi. L’istituto è valutato tra i migliori in Italia per il rapporto tra costi e ritorni per le imprese e gli studenti. Il finanziamento è pubblico, con il contributo delle aziende, e i migliori allievi ricevono un rimborso. C’è una severa selezione già all’ingresso: ogni anni si presentano in 80-90 per i 25 posti disponibili”.

Stefano Tenedini

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