Giuseppe Riello incontra Cassiopea

Verona prova a uscire dalla crisi e va verso la ripresa. Ecco che cosa ci serve 

Puntare sull’export e l’innovazione per arginare la concorrenza, meno burocrazia e accesso agevolato al credito, tassazione equa, infrastrutture efficienti. Ma anche più responsabilità sociale e una maggior valorizzazione delle competenze delle persone e del territorio locale.

Giuseppe Riello, imprenditore, presiede la Camera di Commercio di Verona dal marzo del 2014 e da ottobre dello stesso anno fa parte nella squadra degli otto vicepresidenti di Unioncamere. Impegnato nel gruppo di famiglia Riello Industries, ha 49 anni ed è laureato in Economia e Commercio all’Università La Sapienza di Roma, con un master in informatica al Cuoa. Al suo attivo una lunga esperienza in Confindustria Verona: già vicepresidente per due mandati e presidente della sezione dei metalmeccanici, e ora è delegato per Expo.

Gli ultimi dati disegnano un’economia veronese sulla difensiva, ancora in crisi ma pronta a intercettare la ripresa se dovesse presentarsi. Con quali prospettive e quali problemi?
“Fare previsioni non è sempre un compito facile: le variabili da considerare sono molte, e in continua evoluzione. Secondo il governo in base ai primi dati del 2015 si va verso “il superamento del minimo del ciclo economico e una fase moderatamente espansiva”. Dal secondo semestre 2014 il quadro economico si è stabilizzato e si è arrestata la caduta. Le prospettive sono rosee, i problemi sempre quelli: agguerrita competizione straniera, sia all’estero che in Italia, strutture di costi rigide, costi di produzione ancora elevati e un “ecosistema” poco accogliente per le imprese, burocrazia e accesso al credito in primis”.

Le nostre imprese devono molto delle proprie speranze all’export. Ma è una partita che tutte possono giocare? Su quali fattori siamo ancora carenti?
“Il commercio con l’estero offre opportunità a chi ha la struttura adeguata per coglierle. Nel 2014 Verona ha esportato 9,5 miliardi, l’1,2% in più sul 2014. La ripresa prosegue, ma attendiamo i dati semestrali per brindare all’uscita dalla crisi. Si stima che meno del 5% delle imprese operi con l’estero: troppo poche, bisogna sostenere l’internazionalizzazione. Intratteniamo continue relazioni con buyer esteri per consentire alle Pmi di approcciare i mercati tradizionali ma anche quelli più lontani, come gli Emirati Arabi, il Qatar o la Corea, oltre a organizzare missioni alle principali fiere. Chi opera in Italia nell’artigianato, nel commercio e nell’agricoltura soffre di più: ci vorrebbe meno burocrazia, tassazione equa e snella e infrastrutture che funzionino, sia virtuali che reali. E il contesto incerto in cui viviamo andrà affrontato non come un’emergenza, ma come la quotidianità”.

Quali sono i settori avvantaggiati dall’export, e chi invece resta indietro?
“Le statistiche dell’export degli ultimi vent’anni evidenziano il buon posizionamento delle imprese sui mercati agroalimentari. “Verona nel mondo” ha calcolato il peso dell’export dei settori in vent’anni: a primeggiare è l’agroalimentare, quindi non solo il vino ma tutto ciò che è legato al cibo: si passa dal 14,7% del 1994 al 25,3% sul totale della quota export 2014. L’automazione negli stessi anni è cresciuta dal 15,7 al 21,3%, mentre diminuisce l’apporto delle produzioni più tradizionali, moda e arredo: per abbigliamento e calzature si passa dal 20,5% del 1994 al 14,1% del 2014. E ancora più pesante è il calo del sistema arredo (marmo e mobile), sceso dal 17,3% di vent’anni fa al 5,2% di oggi”.

L’innovazione è un elemento fondamentale per crescere e addirittura per sopravvivere, ma il numero di brevetti indica che non se ne sta facendo molta…
“Purtroppo il numero di brevetti depositati in Camera di Commercio da inizio 2015 è sceso del 36,2%, così pure i marchi, in arretramento del 7,1%. Un andamento anomalo rispetto a quello degli ultimi anni che forse non è solo indice di una congiuntura negativa, tanto più che è in aumento del 62,5% la registrazione dei modelli di utilità, quelle migliorie tutelabili dalla concorrenza ma non abbastanza innovative per essere brevettate. Ma ci si potrebbe concentrare su marchi e brevetti comunitari, che vengono depositati on line: i nostri uffici ricevono spesso richieste di informazioni per questa modalità: c’è un forte interesse per la tutela della proprietà intellettuale a livello comunitario”.

Nel 2014 sono aumentate le aziende ma la disoccupazione record pesa anche sul tessuto sociale. Si fa abbastanza in questo campo?
“A giudicare dai primi dati pare che il Job Acts funzioni, ma l’onda lunga della crisi si farà ancora sentire sulla disoccupazione. Il mondo del lavoro è profondamente cambiato, non solo per la crisi ma anche per l’incertezza diffusa, la perdita delle ciclicità tradizionali e l’imprevedibilità delle dinamiche di mercato. Comunque, ci tengo a ricordarlo, Verona è un’isola felice rispetto a Veneto e Italia grazie a un tessuto economico polisettoriale, con il 17% delle imprese legate al settore agricolo, il 26% all’industria e alle costruzioni, il 28% al commercio, alloggio e ristorazione, oltre al 25% nei servizi. Questo garantisce una maggior capacità di resistenza alle crisi, tanto che nel 2014 il nostro tasso di disoccupazione è stato del 4,9% contro il 7,5% del Veneto e il 12,7% nazionale”.

I tagli del governo hanno ridotto anche i fondi per le Camere di Commercio: significa che le iniziative di supporto sono a rischio?
“Certo che lo sono… come la stessa Camera di Commercio. Ciononostante investiremo 7,5 milioni nel 2015 in contributi alle imprese e promozione, poco meno che in passato. Mi aspettavo una presidenza non facile, ma mai mi sarei immaginato di dover profondere il nostro impegno per salvare l’ente. In pochi mesi siamo passati da “come impieghiamo le risorse per l’economia” a “facciamo economia per impiegare le risorse”. La riforma delle Camere ci ha tagliato le gambe: quest’anno affronteremo una riduzione del diritto annuo del 35% che salirà al 50% entro due anni. Possiamo contare solo sul nostro patrimonio: le entrate copriranno le spese correnti, che continueremo però a razionalizzare. Negli ultimi anni abbiamo intaccato il patrimonio investendo 29 milioni in contributi alle imprese e 32 milioni nelle partecipate. La coperta è corta, e la utilizziamo come meglio possiamo”.

Dovrete appunto rivedere anche le partecipazioni: dove sarà presente la futura Camera di Commercio dopo la “cura dimagrante”?
Più che di revisione è una razionalizzazione finalizzata a “far fruttare” gli asset patrimoniali strategici per il territorio: l’aeroporto Catullo, Verona Fiere, Verona Mercato e il Consorzio Zai, Funivia di Malcesine e Fondazione Arena. Ci siamo chiesti: vale la pena di mantenere presenze in realtà nelle quali non si può dare indirizzi sulla gestione? Da imprenditore e rappresentando le imprese di Verona sarei portato a dire di no. Altre partecipazioni sono in via di dismissione o già dismesse. L’azienda speciale Verona Innovazione ha ceduto brillantemente il Laboratorio agroalimentare a una cordata del settore che rilancerà ruolo e attività. Essa stessa confluirà poi entro l’estate in T2I, nata dalla fusione delle aziende speciali della Camera di Commercio di Treviso e Rovigo, che diventerà uno dei principali attori privati di innovazione, formazione e servizi alle imprese della Regione Veneto. E ciò significa anche maggiori servizi per le imprese veronesi”.

Si parla sempre più di responsabilità sociale edeconomia etica. Si fa abbastanza per uno sviluppo sostenibile, che non escluda e anzi rafforzi il business ma tuteli le persone?
“Ciò che si fa per lo sviluppo sostenibile non è mai abbastanza. Spingiamo costantemente per l’innovazione sostenibile e il rispetto del ruolo della persona nell’economia, grazie a Verona Innovazione che sta chiudendo il progetto regionale “Work Life Balance” su come conciliare vita e lavoro. Sono stati coinvolti 1400 dipendenti di oltre 200 imprese, tra le quali alcune tra le protagoniste del panorama industriale e bancario-assicurativo regionali e locale. Inclusi più di una decina di Comuni e un paio di ordini professionali”.

A Verona le imprese sono abbastanza sensibili al tema? Avete strumenti e iniziative per incentivare un impegno concreto e non solo di facciata, di marketing?
“L’adesione a Work Life Balance dimostra che la sensibilità c’è: le imprese hanno capito che un dipendente meno stressato e soddisfatto dell’ambiente in cui lavora contribuisce di più alle performance aziendali. In alcuni settori si possono esaltare i valori tradizionali e le competenze personali, creando opportunità di business. La UE ci indica la strada per alcuni progetti finanziati cui Verona Innovazione partecipa anche come capofila concorrendo per 11 milioni di contributi che porteranno occasioni di lavoro e miglior qualità della vita, dalla valutazione delle competenze imprenditoriali degli studenti alle partnership tra Università, centri di ricerca e imprese, ma anche dalla valorizzazione economica dell’ambiente alpino ai modelli di efficienza energetica per le comunità locali, dal recupero degli assett culturali intangibili e delle abilità tradizionali fino alla valorizzazione degli over 50”.

                                                                                                                                                                                                                                                                                                          Stefano Tenedini

SCOPRI IL NOSTRO CORSO DI
BRAND AMBASSADOR

SCOPRI

Se desideri ricevere qualsiasi informazione sui nostri servizi

CONTATTACI