Lorenzo Rossetto, di Gruppo Rossetto, incontra Cassiopea

La forza della famiglia e dell’impresa al servizio del cliente e della comunità 

Cinquant’anni di successo e di crescita per il Gruppo Rossetto. Big della distribuzione in tre regioni, oggi punta sui giovani per dare continuità a un modello fatto di coesione, qualità e rispetto. E la partnership con il Banco Alimentare ne testimonia la responsabilità sociale.
Lorenzo Rossetto, imprenditore, è nato a Roverchiara, in provincia di Verona, ultimo di cinque fratelli. Ha iniziato a lavorare giovanissimo come magazziniere nel 1974 nell’azienda di famiglia, esattamente nel primo supermercato aperto in via Fratelli Rosselli a Verona. Oggi è amministratore delegato del gruppo e segue tutta la parte commerciale, oltre a fare in un certo senso da “tutor” ai nove nipoti che costituiscono la terza generazione. Naturalmente attivi in azienda anche i quattro fratelli: il primogenito Giuseppe presiede la società, Roberto, Luciano e Germano seguono l’attività immobiliare e le varie aree di gestione e sviluppo.
Rossetto Trade, cuore del gruppo, è stata costituita nel 1965. Oggi è conosciuta per le insegne Iper Rossetto, Super Rossetto, L’Affare è. Il numero di punti vendita ha raggiunto quota 23 (tra cui quattro Iper, 14 Super, tre L’Affare, un discount, uno specializzato in surgelati), diffusi in otto province di tre regioni: Veneto, Emilia Romagna e Lombardia. Quest’anno è prevista una nuova apertura, il Super Rossetto da 2500 metri quadri in Borgo Venezia a Verona. I 1327 collaboratori operano nei punti vendita (con superficie complessiva 53 mila metri quadrati dove si trattano 25 mila referenze), nella sede direzionale e nei tre centri di distribuzione.

Cinquant’anni di successo in un comparto così competitivo come la grande distribuzione. Qual è il segreto del Gruppo Rossetto?
“Che non c’è alcun segreto. Anzi, è tutto alla luce del sole. Siamo noi, la famiglia, presente in prima fila oggi come nel 1965. La nostra attività si è avviata solo perché papà ha fatto una scommessa credendo nel progetto e mettendoci quanto aveva costruito negli anni: ha venduto la campagna e comprato un negozio. Tutto il resto è dipeso da quell’intuizione, ma anche dalla coesione della famiglia: nel nostro caso l’unione ha fatto davvero la forza e ci ha fatto crescere fino a qui. Se mi guardo intorno, oggi vedo i frutti di quella scelta”.

Ogni azienda incontra un momento di svolta, un salto di qualità: qual è stato il vostro?
“Sicuramente il passaggio dai supermercati tradizionali all’ipermercato. Era il 1996, ormai praticamente vent’anni fa, quando decidemmo di investire sul centro commerciale Grande Mela, alle porte di Verona, aprendo un grande punto vendita all’interno. Lo ritengo forse il passaggio centrale per lo sviluppo dell’azienda, che oggi conta su 23 supermercati in otto province di tre regioni. Anche le dimensioni medie sono cresciute, da un minimo di 2500 metri quadrati ai 6300 dell’ultimo inaugurato a Rezzato, in provincia di Brescia”.

Torniamo all’importanza della famiglia. In quali aspetti si manifesta questa forza?
“Bastano pochi numeri a chiarirlo. Siamo in cinque fratelli e all’inizio ci siamo messi tutti al lavoro con i nostri genitori, costituendo, chiamiamolo così, il nucleo centrale. Oggi siamo alla terza generazione, con nove nipoti all’opera nel gruppo. Fin dai primi anni avevano un ruolo per ciascuno, e questa formula funziona anche oggi. Ci siamo distribuirti i compiti tra fratelli per l’esigenza di controllare l’azienda e soprattutto di gestire gli acquisti, il settore principale per un gruppo che opera nella grande distribuzione alimentare”.

A ciascuno un reparto, insomma… e con una famiglia così non servono supporti esterni.
“In cinque, e tutti maschi, siamo riusciti a coprire le aree principali: chi segue le carni, chi lo scatolame, la frutta e verdura, i formaggi e i salumi. Il primogenito invece si occupava di amministrazione e dello sviluppo. Oggi abbiamo l’opportunità di affidare ai giovani settori importanti per la crescita, sia pure affiancandoli mentre fanno esperienza. Comunque non abbiamo rinunciato a cercare supporti fuori dalla famiglia: abbiamo inserito persone molto competenti nella gestione dei punti vendita, seppure non siamo managerializzati nel senso più tradizionale del termine. Infatti i ruoli fondamentali li copre la nostra famiglia”.

Avendo così tanti giovani in squadra è complicato affrontare i passaggi generazionali?
“Lavorare in azienda per loro è stata una scelta, non un dovere: è entrato chi lo ha voluto, scegliendo un ruolo congeniale alle proprie caratteristiche e passioni, con varie possibilità e ovviamente anche diversi livelli retribuitivi. Grazie a un consulente abbiamo studiato un percorso di inserimento strutturato e personalizzato per definire con chiarezza funzioni e intrecci… perché siamo un’organizzazione familiare, ma non anarchica!”

E per i senior dopo tanti anni di impegno in azienda è difficile fare un passo indietro?
“No, la nostra generazione deve farlo, dobbiamo avere la lungimiranza di accettarlo come un percorso naturale: per anticipare i problemi è necessaria una chiara visione del futuro. È importante che non ci sia competizione vecchi-giovani, ma che anzi ci sia collaborazione. A me, che sono il più “giovane” della generazione precedente, è stato affidato un ruolo di traghettatore verso i nipoti, portando esperienza e un metodo di lavoro fatto di obiettivi e di risultati. Guai all’egoismo, a credere di essere sempre i migliori. Oggi possiamo guardare al futuro con serenità proprio perché sono stati fatti i passaggi giusti”.

Anche il Gruppo Rossetto sta cogliendo i primi segnali di rallentamento della crisi?
“In realtà la crisi non l’abbiamo sentita, anzi, siamo cresciuti anche quando altri erano in difficoltà e siamo pronti a nuovi passi avanti. Viene colpito chi ha una visione ristretta, non chi fa scelte coraggiose e investe quando molti si mettono al riparo. Siamo stati favoriti da una strategia commerciale equilibrata, dalla fedeltà dei clienti che da noi trovano qualità al giusto prezzo ma anche continuità e trasparenza, invece di “sirene” come il tre per due. Chi sta subendo la crisi cerca la correttezza, non le mode commerciali: e infatti il mercato ci ha ripagato. Ci vuole una vita a costruire la credibilità, ma un attimo a perderla”.

Quale strategia adotterete nel prossimo futuro? Un’ulteriore espansione?
“Proprio così, nell’ottica di una crescita controllata e continua: un paio di aperture l’anno come si fa da tempo. Meglio un punto vendita in meno ma curato bene e che segua il cliente, un’azienda organizzata, puntuale, con prodotti e servizi di qualità a prezzi giusti. Il numero non deve andare a scapito della sostenibilità. Pur essendo una piccola realtà, ci fa piacere essere visti come un’azienda sana, seria, che rispetta le persone e i contratti”.

In questo scenario di sviluppo non ci sono all’orizzonte motivi di preoccupazione?
“Timori direi di no: ci sono impegni da affrontare, come il rafforzamento della piattaforma logistica, per cui potremmo rallentare l’espansione per investire sul magazzino. Del resto non ci facciamo prendere dalla fretta di diventare grandi: guardiamo all’equilibrio, anche se siamo ben consapevoli che per crescere ci vogliono fatturato e redditività”.

Che cosa significa dal punto di vista etico “crescere nel rispetto di tutto e di tutti”?
“È una frase pronunciata da mio fratello Giuseppe alla festa del 50°. Significa che abbiamo fatto la nostra strada osservando le regole, pagando le tasse e dandoci un profilo sociale. Cosa che tutti dovrebbero fare, tra l’altro… La nostra visione di economia etica comporta la consapevolezza che il risultato deriva da una gestione corretta. Parliamoci chiaro, si può crescere per la via maestra, seguendo gli stessi principi e valori che abbiamo dato ai nostri figli, oppure passando per le vie traverse. Ma questo per noi non è il modo giusto”.

Guardando indietro, che cosa è cambiato in questi 50 anni del Gruppo Rossetto?
“Tutto. Una volta eravamo solo dei magazzini, oggi abbiamo 20 mila referenze e ambienti moderni, assortiti, con una grande scelta di fresco, prodotti pronti e produzioni nostre, siamo attenti a famiglie e single… è un’azienda che si trasforma seguendo i bisogni della clientela e dell’ambiente, basta sprechi di energia e imballaggi. Rispetto ad allora il cliente si aspetta di più e noi gli garantiamo il valore che cerca. Dobbiamo essere noi ad anticipare le sue esigenze, perché quando ci dice che è insoddisfatto lo abbiamo già perso”

Quest’anno in occasione del 50° avete lanciato una partnership con il Banco Alimentare del Veneto. Com’è nata, e quali obiettivi si propone?
“La collaborazione con il Banco ha motivazioni di solidarietà e coglie l’occasione per unire l’anniversario con la responsabilità sociale d’impresa. Anche quando abbiamo festeggiato i 25 e i 40 anni dell’azienda abbiamo sempre riservato nelle attività una parte di budget per iniziative di solidarietà, sostenendo associazioni benefiche per condividere la sensibilità dei nostri clienti. Questa volta, considerato il disagio crescente della popolazione, il focus non poteva che essere la povertà degli italiani, che tocchiamo con mano ogni giorno”.

Una povertà che si sta manifestando drammaticamente soprattutto con la fame.
“E infatti, accanto alle iniziative legate ai 50 anni del gruppo – come gli sconti per gli sposi, i nuovi nati, i cinquantenni o gli sconti in cassa – abbiamo deciso di assicurare un contributo diretto al Banco. Lo facciamo volentieri, perché in quest’anno vogliamo essere ancora più vicini alla comunità. E nel primo sabato del mese, quando devolviamo al Banco Alimentare l’1% del ricavato, abbiamo la grande soddisfazione di un più 20% di clienti. Entro la fine del 2015 contiamo di raggiungere le 280 tonnellate di alimenti donati al Banco”.

 

 Stefano Tenedini

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